giovedì, aprile 16, 2009

Niente elemosine

Condivido e pubblico.

Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo.
So che la mia suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario, senza il pudore che la carità richiede.
Ma io ho deciso. Non telefonerò a nessun numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, né versamenti alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a famigliole bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda.
Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori, alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier. Non mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no – stop, le scritte in sovrimpressione durante gli show della sera.
Non do un euro. E credo che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo momento, da italiano, io possa fare.
Non do un euro perché è la beneficienza che rovina questo Paese, lo stereotipo dell’italiano generoso, del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficienza, fa da pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull’orlo del pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire, stringendoci l’uno con l’altro. Soffriamo (e offriamo) una compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro.
Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi coperti. Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo.
Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l’economia del nostro Paese.
E nelle mie tasse c’è previsto anche il pagamento di tribunali che dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia passerella.
C’è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato – come tutti gli altri – da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n’era proprio bisogno?
Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di “new town” e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo: “new town”. Dove l’ha preso? Dove l’ha letto? Da quanto tempo l’aveva in mente? Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco come nasce “new town”. E’ un brand. Come la gomma del ponte.

Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che “in questo momento serve l’unità di tutta la politica”. Evviva. Ma io non sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica, alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi tutti, avete responsabilità su quello che è successo, perché governate con diverse forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una giustizia che non c’è.
Io non lo do, l’euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo euro? Per compensare cosa?
A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po’ dei loro risparmi alle popolazioni terremotate.
Poi ci fu l’Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo tutti come è andata.
Dopo l’Irpinia ci fu l’Umbria, e San Giuliano, e di fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente.
Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come prima?
Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle scuole crollate a L’Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio scolastico, nonostante non ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza per farlo.
Ecco, nella nostra città, Marsala, c’è una scuola, la più popolosa, l’Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato, un edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso quasi 7 milioni di euro d’affitto fino ad ora, per quella scuola, dove – per dirne una – nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco! C’è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?) il controsoffitto in amianto.
Ecco, in quei milioni di euro c’è, annegato, con gli altri, anche l’euro della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto.
Stavo per digitarlo, l’sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho capito che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella bestialità che avevano detto.
Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto è il gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l’alibi per non parlare d’altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza (tutta, anche quella che sta all’opposizione) perché c’è il terremoto. Come l’11 Settembre, il terremoto e l’Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto.
Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare gli sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta sempre più rabbia.
Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il mio diritto di italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia dentro che diventa pianto, quando sento dire “in Giappone non sarebbe successo”, come se i giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know–how del Sol Levante fosse solo un’ esclusiva loro. Ogni studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all’atto pratico.
E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel frastuono della televisione non c’è neanche un poeta grande come Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi. Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di noia.
Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di dire quello che penso.
Come la natura quando muove la terra, d’altronde.

- Giacomo di Girolamo

giovedì, aprile 09, 2009

Studio Aperto, Giuliani e il Terremoto



Non commento il video qui sopra, si commenta da solo. Ma voglio aggungere qualcosa.
In queste ore il conto delle vittime del terremoto in Abruzzo si sta avvicinando ad una cifra reale e stabile: più di 270 morti. Centinaia sono i feriti, anche gravi (ogni volta che si parla di "feriti" uno si immagina un tizio con una escoriazione sulla testa che parla al cronista di turno... ma se non sei morto, sei ferito, e bisognerebbe dare a questa parola un valore assai più drammatico). Migliaia le persone che non hanno più una casa, e molte di loro hanno perso molto di più.
Di fronte a questi momenti, è inutile schifarsi del circo politico che gira in televisione, una specie di gara a chi è più prodigo nelle promesse. Ci sono centinaia di volontari che stanno aiutando le vittime del terremoto a riprendersi da quanto è accaduto, ma non appena la notizia scivolerà via dai telegiornali, ci sarà davvero bisogno di una mano. Spero che in molti, quest'estate, si ricordino degli abitanti di L'Aquila, perché sarà allora che ci sarà bisogno di sentirli vicini, anche solo dal punto di vista umano. Fra tre mesi le loro case non saranno risorte, ma l'enfasi della catastrofe avrà abbandonato gli schermi e anche i discorsi dei politici, visto che la campagna elettorale "scade" a Maggio. Facciamoci vivi.

giovedì, aprile 02, 2009

Planescape 4a edizione

Non so se la Wizards avesse intenzione di proporre la 4a edizione spalmandola su così tanti anni di uscite programmate da averlo messo in conto già da subito, ma quando è uscito il Manuale del Giocatore 2, mi è sembrato che le cose andassero meglio. La 4a edizione, rispetto alla 3a, perdeva in caratterizzazione del personaggi, in tanti modi (come avevo scritto qui). Adesso, con una seconda ondata di classi e di razze da giocare, il pericolo di trovarsi due avventurieri praticamente identici (sulla carta) nello stesso gruppo, sono minimizzate. La 4a edizione propone praticamente solo 4 classi, mascherateè da "ruoli": assalitore, difensore, controllore, guida. In ogni gruppo dovrebbe esserci un elemento di ognuno. All'inizio dire "controllore" era come dire "mago", ma se la Wizard continuerà a inondarci di nuove classi per ogni ruolo, allora alla fine ogni gruppo avrà un controllore diverso, e un minimo di varietà sarà garantita, salvando la 4a edizione dall'accusa di proporre party-fotocopia (almeno in parte, è ovvio).

In ogni caso, io ho iniziato una campagna di Planescape alla 4a edizione. Molti dei miei giocatori si sono messi le mani nei capelli, quando l'ho annunciata. Quarta edizione e Planescape per loro suonava come un ossimoro: un'edizione che tenta di ammazzare il roleplay applicata ad un'ambientazione che lo amplifica. Invece è andata benissimo. Anzi, le meccaniche della 4a edizione si applicano a Planescape con una facilità che quelle della terza non concedevano, e questo perché i meccanismi regolistici della 4a sono essenziali e molto poco realistici, lasciando molto lavoro al DM che deve quindi plasmarli al suo tipo di gioco. Faccio un esempio: un potere stupido di primo livello attacca e causa danni da veleno: non c'è ambientazione più adatta di Planescape per immaginare una mago che genera un vortice di serpenti che mordono l'avversario. Anche se questa descrizione può essere (dovrebbe essere) utilizzata indipendentemente dal contesto, in Planescape le descrizioni, l'atmosfera, il "flavour" ha un'importanza prominente, quindi avere un regolamento scheletrico che necessita di essere "descritto" per funzionare, in qualche modo lo rende adatto al compito.

Naturalmente le miniature sono state uno dei primi problemi che ho dovuto affrontare. Ho reintrodotto i tasselli per rappresentare mostri e PG, sapendo che le miniature vere e proprie hanno una spaventosa capacità: quella di ridurre la voglia dei giocatori di "immaginarsi" se stessi e i mostri. E poi si combatte sporadicamente... una volta a sessioni, se voglio movimentarla un po', altrimenti è il roleplay che la fa da padrone.

Per questo lo scoglio più grande che ho incontrato riguarda proprio le abilità. Possibile che non esista un'abilità di "indagine" basata su Intelligenza, come era Cercare nella 3a edizione?