sabato, giugno 11, 2011

Bruno Tinti e il quorum al referendum

Riporto integralmente un pezzo di Bruno Tinti apparso su il Fatto Quotidiano, ché spiega perfettamente il mio punto di vista riguardo al quorum del referendum. Commentando il mio post con la locandina dell'iniziativa della Gilda, ho scritto che utilizzare l'astensione per far fallire una consultazione popolare è una paraculata anti-democratica. Spiegavo infatti che esistendo un 20% fisiologico di astenuti (gente malata, impossibilitata nel votare, pigra, disinformata), se anche gli italiani favorevoli alle abrogazioni fossero la maggioranza (ad esempio il 45% del restante 80%), a quel 35% di contrari basta astenersi per far fallire il referendum. Ma in questo caso vince la minoranza. Bruno Tinti aggiunge altre interessanti riflessioni sull'argomento.

"Lungo viaggio in macchina. Alla radio si susseguono trasmissioni sul referendum. Telefonate e sms di cittadini. Molti dicono che non andranno a votare, che non ci capiscono niente. Alcuni spiegano di voler impedire il raggiungimento del quorum e se la prendono con il presidente della Repubblica che non avrebbe dovuto, secondo loro, annunciare la sua intenzione di recarsi al seggio (“io sono un elettore che fa sempre il proprio dovere”): in questo modo influenza gli elettori, dicono con toni alterati, non è al di sopra delle parti, non è imparziale. Io penso tristemente all’infimo livello di cultura politica raggiunto dal nostro Paese; e mi chiedo se l’istituto del suffragio universale per caso non debba essere rivisto.

Cominciamo dal “dovere” di votare. Ovviamente le elezioni non sono una competizione sportiva, non servono per far godere il tifoso della squadra vincitrice e deprimere quello della sconfitta. Le elezioni servono per stabilire quale deve essere il modello di gestione del Paese. Un cittadino che utilizza le risorse nazionali non può sottrarsi al dovere di concorrere a stabilire come dovranno essere predisposte. E nemmeno può dichiararsi estraneo al confronto tra sistemi politici: la responsabilità di garantire libertà, cultura, prosperità gli appartiene per il solo fatto di essere cittadino. Tutto questo è, se possibile, ancora più vero nel caso di referendum. Scelte come energia nucleare, acqua pubblica, immunità dei vertici della classe dirigente, contengono in sé le radici di cambiamenti profondi per la nazione. E tanto più la decisione su questi cambiamenti è diretta e non mediata attraverso la delega alla classe politica, tanto più la responsabilità a determinarli in un senso o nell’altro è irrinunciabile.

Ma, dicono, far mancare il quorum è una modalità di partecipazione: non voglio che questa o quella legge sia abrogata; non sono sicuro di raggiungere la necessaria maggioranza; utilizzo quindi un modo diverso per far prevalere la mia volontà politica. Solo che questa non è democrazia, è trucco da baro, sabotaggio, spregiudicatezza civica.

E c’è di più. Non è un caso che la classe politica veda i referendum come il fumo negli occhi: ne percepisce, giustamente, la carica di delegittimazione nei suoi confronti, il contenuto di controllo diretto della gestione pubblica, l’inequivoca bocciatura se l’abrogazione ha successo. Adoperarsi per far mancare il quorum significa, al di là della questione contingente, rinunciare al corretto rapporto governanti-governati; significa perdere l’occasione di ribadire che i governanti sono al servizio dei governati e non il contrario.

Alla fine questa storia del quorum mi ha fatto capire che votare non significa andare al seggio e mettere una croce su un pezzo di carta. Votare significa scelta consapevole. Ed è qui, ho pensato, che mi piacerebbe una rivoluzione. Mi piacerebbe che la concreta possibilità dell’elettore di adottare scelte consapevoli venisse verificata. Cosa è la Costituzione? E la Corte costituzionale? Chi fa le leggi? Chi governa e come viene scelto? Quali sono i compiti del presidente della Repubblica? Educazione civica di base. Se non c’è, ha senso consentire a un cittadino indifferente, disinformato ed egoista, di partecipare alla vita politica di un paese di cui, sostanzialmente, non gli importa nulla?"

Il Fatto Quotidiano, 10 giugno 2011

8 commenti:

Anonimo ha detto...

il quorum del 50+1 è scritto proprio sulla nostra grande costituzione, quindi è una cosa buona e giusta!

amen.

er cafone censurato

Bigio ha detto...

Cito da me stesso:

"Quando i nostri padri costituzionalisti* hanno inserito il cavillo del quorum al referendum abrogativo, l'hanno fatto per far sì che consultazioni che non interessano a nessuno non avessero valore (se non ci fosse il quorum, e gli interessati fossero anche solo 1% degli aventi diritto, deciderebbe comunque quell'1% e anche questo è antidemocratico). Non immaginavano che gli italiani sarebbero stati in grado di rigirare tale norma a svantaggio della consultazione stessa. Così come non immaginavano tante altre cose, l'abuso dell'immunità parlamentare, dei decreti legge, della fiducia in parlamento eccetera eccetera. Fatta la legge, trovato l'inganno, questa è l'Italia, un paese di paraculi."

*Norberto Bobbio, La Costituzione

Detto questo, Bruno Tinti adduce un altro paio di interessanti riflessioni. Se i politici lavorano per noi, perché temere il risultato di una consultazione popolare? Se il popolo non vuole qualcosa, non si faccia. Chi vuole sabotare il referendum non è contro l'abrogazione, è proprio contro il parere del popolo. Ergo sono politici che dovrebbero tornare a casa.

Anonimo ha detto...

nessuno ha rigirato niente.
se non si raggiunge il 50+1 vuol dire che tutto 'st'interesse per i referendum gli italiani mica ce l'hanno!

er cafone censurato

Bigio ha detto...

Sarebbe vero se chi non andasse a votare non avesse interesse. Invece i paraculi non vanno a votare perché sono interessati, ma contrari all'abrogazione.

Il riccone proprietario d'azienda concessionaria, che non vede l'ora di far soldi con l'acqua che esce dal rubinetto degli Italiani, è MOLTO interessato. Ma non ci va a votare. Paraculo.

La somma dei disinteressati reali (esempio 30%) si somma così a quella degli interessati contrari e paraculi (esempio 25%) facendo fallire il referendum anche se la maggior parte degli italiani interessati (nell'esempio il 45%) voleva che vincesse il sì. Ecco l'aberrazione: la MAGGIORANZA degli ipotetici votanti, quindi degli italiani interessati, sarebbe per il sì. Ma vince la MINORANZA. Questo è sabotaggio di un meccanismo democratico da parte di una minoranza al fine di avere ragione contro il parere della maggioranza.

Il quorum, che serviva a garantire che non si votasse per le cazzate (altrimenti, che li eleggo a fare i politici?) finisce per essere utilizzato per delegittimare una consultazione popolare. Ripeto: in Italia si fa sempre così. Strumenti che nobilmente i nostri padri costituzionalisti hanno inserito per il bene della democrazia vengono deformati per paraculaggine. E si finisce a finanziare scuole private, a muovere guerra, a votare a fiducia ogni decreto, a ignorare le leggi di iniziativa popolare e via dicendo.

Mr. Mist ha detto...

Esiste anche la possibilità di scegliere a quale dei quattro quesiti si decide di dare una risposta e quali no, non ritirando la scheda al momento di entrare in cabina. Anche quello è un modo di dare un segnale!
Io personalmente ho fatto così una volta, attirandomi le occhiatacce della presidentessa di seggio.

Bigio ha detto...

Eheheh :)

Vero si può fare ma resta sempre un metodo di boicottaggio antidemocratico. Perché il quorum è calcolato singolarmente su ogni domanda. E' ovvio che se si è a favore del no si vince più facilmente non andando a votare (o non ritirando la scheda) ma la domanda che solleva Bruno Tinti è proprio questa: è giusto? Praticamente astenendoti stai facendo sì che la tua opinione vinca A PRESCINDERE dal fatto che la maggioranza dei cittadini la pensi come te o meno. Personalmente, io lo trovo meschino. Se la maggioranza degli italiani vuole il nucleare, che si faccia il nucleare. Ma se non lo vuole, che non si faccia.

Per lo stesso motivo è meschino il politico che incita all'astensione. Il politico lavora per i cittadini. L'esito del referendum per lui dovrebbe essere sempre e comunque indifferente: se sta facendo il volere del popolo (lo paghiamo per questo) e il popolo è contro una legge che ha fatto, allora che questa legge si cancelli. Se invita ad astenersi al referendum, sta suggerendo che la parte che la pensa come lui giochi sporco per vincere, anche se è minoranza. Ma lui è ministro di TUTTA l'Italia, dovrebbe legiferare sulla base della volontà della maggioranza, non dei cazzi suoi, e comunque non della minoranza. In sunto dovrebbe tenere in gran conto il risultato e ancora di più che la gente vada a votare. Se invita al non voto, è perché percepisce che probabilmente la maggioranza potrebbe pensarla diversamente da lui, il che ne farebbe un pessimo parlamentare nel caso fosse lui ad aver votato quelle leggi.

Mr. Mist ha detto...

Beh Bigio, se un quesito non mi interessa perchè devo votarlo per forza?! :)
Il fatto che, come hai detto tu, i padri della nostra Costituzione ci abbiano dato la possibilità di scegliere a cosa rispondere o meno, vuol dire che immaginavano delle situazioni in cui alcuni quesiti fossero poco interesanti anche solo per una minoranza dei votanti!
Quanto all'invito ad astenersi da parte di un politico è sempre un boomerang! Permettimi inoltre di ricordare il caso in cui dopo aver abolito tramite referendum il Ministero dell'Agricoltura ed il finanziamento pubblico ai partiti me li sono visti ritornare con altri nomi: per la serie li fai uscire dalla porta e ti rientrano dalla finestra. Dopo questi "scippi" può anche accadere che qualcuno abbia poca voglia di andare a votare a qualunque referndum! Non ti pare?! Buona giornata!

Bigio ha detto...

Condivido appieno tutto quello che hai scritto, Mist!
L'astensione sulla base del reale disinteresse è pienamente giustificabile... anche se io non sono d'accordo, è paragonabile a quella che si fa durante una consultazione politica nella quale entrambi i candidati ci disgustano. Perché andare a votare? Me ne resto a casa. Per questo è stato previsto il quorum.

La schifezza è quando si strumentalizza l'astensione perché l'interesse è far vincere il NO, una posizione che a causa delle modalità del referendum è favorita dall'astensione. Per spiegare meglio: se a una consultazione politica una dei due candidati premier ricevesse automaticamente il voto di chi si astiene, la gente si solleverebbe in protesta (mentre quella parte politica inviterebbe a non votare). Coi referendum si fa lo stesso, perché lo strumento dell'astensione non viene più utilizzato per indicare disinteresse, ma per far vincere il NO.

Per concludere faccio notare che mia nonna, 85enne d'assalto, quando le ho chiesto se voleva che la accompagnassi a votare mi ha detto: "che mi frega a me, al futuro del paese ormai dovete pensarci voi!" e a votare non ci è andata. Sacrosanto!!! Ben altro discorso è quello di chi dice: astenetevi per non far vincere il Sì.

Infine, la questione dei finanziamenti ai partiti è una VERGOGNA, ma la domanda che ti faccio è la seguente: chi è che non ha assolto al suo dovere, il cittadino che è andato a votare e ha detto che i finanziamenti non lo voleva, o i politici che se li sono rimessi con un giro di leggi? Se non ci fossimo espressi, su di noi cittadini tutti sarebbe caduta la colpa di aver permesso che i nostri soldi andassero nelle tasche della casta. Noi invece abbiamo fatto il nostro dovere. Adesso la vergogna e la disonestà sono tutte dalla loro parte, e io personalmente sono orgoglioso che mi abbiano chiesto un parere e di averglielo dato chiaramente, al di là del fatto che quegli stronzi l'abbiano ascoltato o meno.