sabato, agosto 06, 2011

La Storia di Sergio e Luis (8a parte)

E' finito! E' finito! Il mio giocondo e allegro racconto per bambini è giunto al termine. Leggetevi il finale e gioite assieme a me per la grande impresa che ho portato a compimento.


La sua tana non era cambiata affatto. Spoglia, triste, trascurata. Non aveva mai comprato un mobile, mai pensato ad un attaccapanni all'ingresso, né a una dispensa dove conservare il cibo per l'inverno, o a un orologio a cucù. Si era trasferito in quel tugurio ormai da due anni, ed era rimasto esattamente come quando ci aveva messo piede la prima volta.
Quando Sergio era solo un pulcino, sua sorella Annamaria gli ripeteva in continuazione che avrebbe voluto trovare un bel compagno, avere tanti figli, e poi morire serena. Sergio accoglieva con disgusto quei sogni di second'ordine.
«E tu che vuoi fare da grande?»
«Voglio fare il pirata.»
«Il pirata kiwi? Fa ridere solo a pensarci.»
Erano passati quindici anni, trascorsa la metà della vita di un kiwi. Annamaria aveva già dato alla luce una decina di nidiate di pulcini assieme a tre compagni diversi, tutti molto promettenti e prestanti. Sergio invece era rimasto il solito coglione. Per un po' aveva provato a fare l'impiegato per una ditta di consegne espresse; poi si era stufato ed aveva ripiegato su una cooperativa per l'assistenza dei kiwi meno fortunati; ma i fondi non arrivavano mai e la cooperativa era stata costretta a chiudere lasciandolo pieno di debiti. Si era venduto la vecchia casa per risarcire i creditori, poi si era trasferito a un passo dallo stagno, nella zona meno prestigiosa del bosco. Qui non passava nemmeno il fringuello dei giornali, e il bar più vicino era a venti minuti di cammino, dall'altra parte di quel fetido canneto. Ma si stava tranquilli. Le rane cantavano al tramonto, e la sera si addormentava pensando sovente all'improbabile vita di un pirata kiwi.
«Che stronzata.» Mormorava fra sé e sé, prima di prendere sonno.
«Che stronzata.» Si ripeté anche in quel momento, lanciando il libro di Bart il tasso sul pavimento. Poi si rese conto di non aver voglia di stare in casa, girò le zampe e fece per uscire. Una passeggiata, silenzio. Luis non c'era più, e del fatto che la grande impresa fosse compiuta non gliene importava una mazza.
«Sergio...» Una voce lo colse alle spalle, come una pugnalata. Si voltò con la prudente lentezza di chi è pronto a trovarsi di fronte un facocero imbizzarrito che sta raspando con la zampa a terra, pronto a caricare. Invece c'era Teresa. Sergio avrebbe preferito il facocero.
«Sei tornato. Sono passata ieri mattina e ho visto che non c'eri.»
La kiwi si avvicinò di un passo, e gli ondeggiò con il lungo becco attorno.
«Sergio... profumi di lavanda... ma che hai fatto?»
«Lascia stare Teresa, è una lunga storia... e non me la sento di raccontartela, adesso.»
«Allora posso ripassare più tardi...»
Sergio sospirò.
«Ascolta Teresa, lo so che probabilmente i due neuroni che hai nel cervello in questo momento sono affaticati perché stanno facendo un sacco di scale, ma quando una persona ti dice che non ha voglia di parlare di qualcosa “adesso” è probabile che non abbia nemmeno voglia di parlarne “più tardi” e che invece voglia restare un pochino... da sola. Chiaro?»
Teresa fece spallucce.
«Volevo solo essere carina.»
«Ma che sei passata a fare?»
«Per chiederti scusa dell'altra sera. Alla festa di Sebastiano.»
«Perché... che hai fatto alla festa di Sebastiano?»
Teresa fece spallucce di nuovo.
«Niente.»
«Cazzo questa conversazione sta diventando surreale. – Commentò Sergio. – Se non hai fatto niente perché vieni a casa mia a chiedermi scusa?»
«Beh ti eri arrabbiato molto perché era una festa di addio al celibato e non erano ammesse femmine di nessuna specie. E poi ho pensato che magari ti aveva dato fastidio che fossi venuta alla festa con Sandro.»
«Teresa non me ne frega un cazzo con chi vai alle feste.» Rispose Sergio seccamente. Poi scosse la testa e si avviò per andarsene. Ma in quell'istante un poderoso svolazzare di ali smosse il tappeto di foglie sotto i suoi piedi e agitò le estremità delle canne che si innalzavano di fronte alla tana. Planando con molta poca grazia, Wittie il gufo atterrò su una delle radici dell'albero sotto al quale Sergio aveva preso casa. La vista del saggio gufo in qualche modo rasserenò il kiwi. Sapeva che parlare con Wittgenstein gli avrebbe fatto senz'altro bene, e comunque già solo specchiarsi nei suoi enormi occhi rotondi gli infondeva un senso di tranquillità profonda. Chissà se il gufo aveva saputo di Luis... forse la voce gli era giunta per sentito dire e si era precipitato qui per averne la conferma.
«Allora... – Esordì l'enorme e anziano pennuto. – E' tutto vero?»
Sergio chinò la testa e strinse il becco, facendo uscire a fatica le parole. «Sì... è tutto vero.»
Gli occhi di Wittgenstein si spalancarono ancora più del solito. Il suo becco si allargò in una smorfia di estremo stupore, e mentre distendeva le ali gonfiò il petto.
«Ci sei riuscito! Hai recuperato il libro di Bart il tasso!» Esclamò.
Teresa si avvicinò facendogli quasi eco: «Hai recuperato il libro di Bart il tasso!»
Sergio era sbigottito. «Certo... ho recuperato il libro...» Ammise, balbettando.
«Ma è fantastico! Fantastico amico mio! – Continuò Wittie, esultante. – Il libro di Bart il tasso! Non posso crederci! Ho sognato per anni di conoscere le sue mirabolanti avventure... e non avrei mai potuto immaginare che sarei riuscito a leggerle, prima di morire. Questo è il più bel giorno della mia vita, Sergio... Grazie.»
Gli occhi del gufo, tondi e lucenti come due oblò, si inumidirono di lacrime. Quelli di Sergio invece si incurvarono sotto il peso rabbioso delle sue sopracciglia.
«Ma cosa ti prende Wittie? Cosa vuoi che me ne importi di aver recuperato quel libro di merda... Luis è morto! Capisci? Morto! Si è sfracellato la testa credendo che saremmo diventati famosi o idiozie del genere... questa è la conseguenza delle tonnellate di cazzate che ci hai raccontato. Luis ci credeva davvero a tutte quelle storie riguardo il destino, al fatto che eravamo eroi... e... e... Vaffanculo Wittie!»
Sergio scoppiò a piangere, rannicchiandosi a terra. Teresa lo raggiunse e si sedette vicino a lui. La kiwi e il gufo restarono in silenzio per tutto il tempo di cui Sergio ebbe bisogno per singhiozzare. Poi quando Sergio rialzò la testa, Wittie si chinò su di lui e gli disse:
«Luis è vivo. Riposa nel mio nido, sull'albero.»
«E' vivo?» Chiese incredulo il kiwi.
«La signora Knodeldome è una veterinaria. Il signor Knodeldome ha raccolto Luis dalla biancheria che era ancora vivo. Stamattina, quando lei è tornata, glielo ha mostrato e la signora lo ha curato. Poi l'hanno lasciato sul davanzale, nella speranza che si riprendesse. Invece Ulisse, il loro chihuahua, ha raccolto Luis e me l'ha portato. Gli umani avranno pensato che il cane se lo sia mangiato. Quel poveraccio si beccherà una punizione per questo... ma ci deve essere abituato. Chi pensavi che mi avesse detto che eri riuscito a portar via il libro di Bart? E' stato Ulisse.»
«Quel depresso del cazzo...» Biascicò Sergio nascondendo un sorriso. Poi saltò in piedi, corse nella sua tana e prede il libro. Tornò e lo porse a Wittie.
«Vieni a trovarmi, più tardi. Appena Luis si sveglierà, potrei leggervene un pezzo.» Detto questo, il gufo afferrò il libro e con una serie di robusti colpi di ali si sollevò oltre le fronde più alte degli alberi, scomparendo. Sergio intravide un cielo incredibilmente azzurro tra le foglie. Cosa aveva imparato da tutta questa storia? Forse non c'era nulla da imparare, non tutte le storie hanno una morale o vogliono insegnare qualcosa. Comunque, ed era quello l'importante, adesso si sentiva molto, molto meglio. Teresa era lì che lo guardava compiaciuta. Si avvicinò e le chiese:
«Teresa... ti va di accoppiarci come leprotti?»

EPILOGO
Luis e Sergio sedevano comodi nell'ampia cavità del tronco di Wittie. Il gufo stese il libro delle imprese di Bart il tasso sulla paglia del pavimento e si schiarì la gola.
«Ho saputo che ci hai dato dentro con Teresa.» Disse sottovoce il pettirosso all'amico.
«Ma chi cazzo è che va in giro a raccontare 'ste cose?» Gli fece il kiwi, di rimando.
«Teresa. Lo racconta a tutti. Comunque la devi piantare di dire sempre cazzo di qua, cazzo di là. Siamo i protagonisti di una favola, devi darti una regolata.»
Sergio sorrise bonariamente, poi rivolse la propria attenzione al gufo. Wittie afferrò col becco la copertina del libro e lo aprì. Nel silenzio della notte le sue parole riecheggiarono chiare.
«C'era una volta...» Esordì. Poi s'interruppe perché una ghianda volò all'interno della tana e gli rimbalzò in testa. «Fottuti scoiattoli di merda!»

6 commenti:

Marco R ha detto...

Ahahahah! Immagino che tu ti sia divertito molto a scrivere questa favola sgangherata, così come ci siamo divertiti noi a leggerla.
Un applauso per Luis e Sergio (grazie al quale credo che i kiwi non si estingueranno ancora per un po')!

Bigio ha detto...

:)

Berker ha detto...

Bellissima =D
E...lacrimuccia per il lieto fine ç_ç

Bigio ha detto...

Grazie! :)

Anonimo ha detto...

...Che bel racconto! ^^ Altro che le noiosissime storie per bambini che mi rifilavano i miei...(va beh non tutte erano noiose, solo alcune che parlavano di uccellini(!)) se non mi sono venute le lacrime è perché ho gli occhi secchi eccheccavolo.
Sono contenta che i kiwi non si estingueranno grazie a Sergio, e che finalmente potranno scoprire le mirabolanti avventure di Bart il tasso e.. e... ci tengo a ringraziare quel "depresso del cazzo" di Ulisse il chihuahua, senza l'intervento del quale questa storia non avrebbe avuto un lieto fine. In effetti è complice anche il deus ex machina della signora knodeldome [che cognome impronunciabile O.o] ma, naturalmente il vero responsabile è solo l'autore di questa favola moderna. Grazie mille!


(ps spero di non aver sbagliato congiuntivi o altro, non ci tengo ad essere sventrata da Wally ---ammetterò, sono arrivata a questo blog attraverso la pagina FB di Drizzit---)

Aloha!

Marta Sorgi

Bigio ha detto...

Grazie Marta :)